Merz Mario
MARIO MERZ (Milano ,1925 – Torino, 2003)
Merz si avvicina alla scena artistica alla metà degli anni ’50 da autodidatta, dopo aver abbandonato gli studi in medicina. Inizia come pittore ma già negli anni ’60 realizza le sue prime installazioni e alla fine del decennio è tra i protagonisti indiscussi dell’Arte Povera, con una pratica che si concentra sull’utilizzo di materie naturali e sulla ricerca delle energie primarie.
Fin da subito introduce nelle sue opere materiali eterogenei non convenzionali connessi al mondo naturale (rami, foglie, frutta..), animale (coccodrilli, iguane, lucertole..), quotidiano (neon, ombrelli, tavoli…) e scientifico (come la serie numerica di Fibonacci). I suoi primi lavori – sculture fatte con oggetti comuni che si compenetrano – sottolineano da un lato il suo costante interesse per l’accumulazione e il dinamismo, dall’altro la presenza di temi ricorrenti legati alla natura, all’universo fisico e biologico, allo spazio.
Nel 1968 realizza il suo primo igloo (Igloo di Giap), introducendo uno dei tratti distintivi della sua pratica. Negli anni Merz indagherà il potenziale simbolico di questa forma abitativa – primordiale, comune alle culture orientali e occidentali, in equilibrio tra espansione e concentrazione -, trasformandola in una metafora del rapporto tra natura, uomo e architettura.
A partire dal 1970 inizia a usare all’interno di alcune opere la serie numerica di Fibonacci – individuata dal matematico toscano nel Medioevo, in cui ogni numero è la somma dei due precedenti (1, 1, 2, 3, 5, 8, 13…) – all’interno della quale riconosce una relazione alchemica capace di rappresentare i processi di crescita del mondo naturale e organico.