Alighiero Boetti
Alighiero Boetti (Torino, 1940 – Roma, 1994)
Eclettico e cosmopolita, Alighiero Boetti – o Alighiero e Boetti come si firma a partire dal ‘73 – fa il suo esordio nella scena artistica torinese a metà degli anni ‘60, nell’ambito delle sperimentazioni della nuova avanguardia concettuale e dell’Arte Povera.
Nel ’71, seguendo un innato interesse per il nomadismo intellettuale e le culture lontane, visita l’Afghanistan ed elegge Kabul sua seconda patria. Lì inizia la lavorazione della serie delle Mappe: planisferi ricamati dalle donne afghane, in cui ogni nazione è rappresentata dai colori della relativa bandiera.
All’interno delle Mappe, così come in altri cicli che accompagnano il suo percorso artistico (le composizioni di lettere, Biro, Alternando da uno a cento e viceversa…), Boetti sviluppa l’idea di una creatività collettiva, aperta e processuale, in cui l’artista progetta le opere ma delega l’esecuzione manuale a terzi, che vengono guidati da regole da lui prefissate. L’aspetto mentale rimane prioritario all’interno del processo artistico, per cui la maggior parte dei suoi lavori uniscono alla bellezza formale una logica strutturazione, spesso basata sull’elaborazione di un vero e proprio codice o di un sistema di lettura.
Nella sua produzione – variabile per materiali, tecniche e supporti- Boetti ha cercato di superare le consuete categorizzazioni, a partire dal concetto stesso di identità. Dai lavori sul doppio, come il finto autoritratto Gemelli del ’68 (eco del “je est un autre” di Arthur Rimbaud), fino alle opere partecipate, Boetti mette in crisi l’idea di unità creativa, culturale, linguistica e politica.
Alighiero Boetti è presente in mostra presso
Forte di Belvedere, Galleria Palatina, Museo Novecento